lunedì 10 marzo 2008

Zinasco e Rivalta Scrivia: sono troppi 2 impianti per l'agroenergia nel sud ovest padano. Lo dicono anche gli agricoltori

I carburanti ricavati dai vegetali sono sempre di più sotto osservazione. I dubbi riguardano:
l'effettiva minore emissione di gas serra, la "concorrenza" con le produzioni destinate all'alimentazione umana e animale e il conseguente aumento dei prezzi di queste ultime, la pressione sui suoli naturali con annesse deforestazioni.
Scontiamo una moda nata qualche anno fa, quando l'agroenergia sembrava una ricetta buona comunque e dovunque. Ora c'è chi parla di crimini contro l'umanità in relazione ai biocarburanti (Jean Ziegler, ONU), una cosa è ricavare energia dagli scarti delle produzioni agricole, un'altra è coltivare ad hoc. Una cosa è importare olio di palma dalle nazioni che stanno distruggendo il loro patrimonio forestale per questo, facendo viaggiare per migliaia di chilometri la materia prima, un'altra è dimensionare gli impianti sulle caratteristiche locali (per qualità e quantità della biomassa).

Nel sud ovest padano, a Rivalta Scrivia (Tortona) e a Zinasco (Pava), meno di 50 km in linea d'aria, 2 impianti per la produzione di etanolo sono in fase di progettazione. L'impianto di Rivalta avrebbe bisogno di 200 mila ettari coltivati a cereali, quello di Zinasco 50 mila, ma la disponibilità di ettari nel bacino di riferimento è enormemente inferiore, meno di un decimo. Anche in questo caso l'assenza di pianificazione genera mostri.

Dell'impianto di Zinasco (qui una scheda di Legambiente) ci eravamo già occupati per lo spreco di suolo connesso all'operazione: l'impianto di bioetanolo "sostituisce" infatti uno zuccherificio, ma invece che utilizzare l'area dismessa di Casei Gerola (area destinata a diventare un outlet) sacrifica ottimo suolo agricolo a Zinasco.
Italia Zuccheri, regista dell'operazione e proprietaria dell'area, usufruisce di ingenti finaziamenti, italiani ed europei (per la bonifica dell'area dismessa, per la costruzione del nuovo impianto, per la sua gestione). Sarebbe così strano pretendere che i progetti foraggiati dai nostri soldi fossero un po' più "virtuosi"?

Un convegno a Salice Terme ha messo a confronto esperti e agricoltori.


Dalla Provincia Pavese del 9 marzo.

«Due impianti? Non basta la produzione»

I cereali locali dovrebbero rifornire le aziende di Zinasco e Tortona

VOGHERA. «Due impianti per produrre bioetanolo tra Oltrepo e basso Piemonte? Ad oggi sono troppi...». Gianluigi Stringa, ex presidente dell’Unione agricoltori allarga le braccia ma lancia nello stagno dell’economia un sasso di discrete proporzioni. A fornire i dati sulla produzione di energia rinnovabili in provincia è l’assessore all’ambiente Ruggero Invernizzi: «3 megawatt alimentati a biogas, 43 megawatt alimentati ad oli vegetali, 20 megawatta alimentati a miomasse solide». «Ma non tutti gli impianti - aggiunge - sono alimentati da materia prima prodotta in loco». A questo si riferisce Stringa. «La Oxem di Mezzana Bigli produce biodiesel da oleaginose - spiega -. Gli impianti per la produzione di bioetanolo di Tortona e Zinasco produrranno bioetanolo da cereali. Almeno fino a quando la tecnologia non consentirà di utilizzare anche la cellulosa...». Il punto è qui: solo per far funzionare l’impianto di Tortona servono 200mila tonnellate l’anno di cereali: la produzione, ai livelli attuali, di 200mila ettari. Una quantità impensabile per l’Oltrepo e il basso Piemonte. Il problema è doppio: in primo luogo, secondo Stringa, gli ettari coltivabili non basterebbero ad alimentare due impianti per il bioetanolo; e in secondo luogo, la corsa all’acquisto di cereali per produrre carburante falserebbe i prezzi di mercato. La via d’uscita? Stringa è in pieno accordo con Radice Fossati: la sfida è raggiungere in tempi rapidi una tecnologia che consenta di utilizzare la cellulosa per produrre bioetanolo. Utilizzare gli scarti per produrre energia liberano spazio per le produzioni alimentari». (s. ro.)


Carburante dai campi, la sfida dell’Oltrepo

Esperti e agricoltori a convegno a Salice Terme «Possiamo avere il primo distretto energetico»

La proposta del futuro: coinvolgere l’industria senza rubare spazio alla filiera alimentare SALICE. Un distretto energetico in Oltrepo, il primo in Italia, per rilanciare l’agricoltura, far riprendere l’industria, tutelare l’ambiente. Tutto insieme? Forse. Tutto subito? Entro quattro o cinque anni. La ricetta arriva dal convegno sull’energia da fonti rinnovabili agricole organizzato all’hotel President di Salice dal consorzio «Agroenergia» con le associazioni di categoria. La ricetta si riassume in tre righe: imparare dal passato, anticipare l’innovazione, programmare il futuro.
La sfida, come la riassume l’ex presidente dell’Unione agricoltori Federico Radice Fossati, è produrre energia utilizzando materie prime agricole senza rubare spazio e risorse alle produzioni per l’alimentazione.
Imparare dal passato. Lanciando l’allarme sulla difficoltà di trovare “cervelli” disposti a lavorare sul territorio, la settimana scorsa, il portavoce degli industriali d’Oltrepo Bruno Calzolai ricordava che «L’industria è cresciuta quando ha collaborato con l’agricoltura, settore a cui l’Olrepo è tradizionalmente vocato». Due esempi per tutti: lo zuccherificio e le aziende conserviere che hanno fatto la fortuna economifca del territorio. Ora, però, lo zuccherificio è chiuso e il settore della trasformazione alimentare non “tira” più come un tempo.
Anticipare l’innovazione. E’ ancora possibile far lavorare insieme agricoltura è industria? «Non è solo possibile - risponde secco Federico Radice Fossati -. Oggi più che mai è necessario lavorare in questa direzione. L’agroenergia, ovvero la produzione di energia compatibile con l’ambiente da fonti rinnovabili agricole, è la strada da seguire per dare reddito alle aziende, creare nuove industrie, tutelare il territorio e l’ambiente». I critici, però, dicono che oggi l’energia prodotta da fonti rinnovabili costa molto più di quella “tradizionale”. «E’ un settore in profonda trasformazione - ribatte Radice Fossati -. Sarebbe un errore puntare su un solo podotto come materia prima per produrre energia. Oggi si produce biodiesel dalle oleaginose come colza, girasole e soia e bioetanolo dai cereali. Entro pochi anni, quattro o cinque secondo gli esperti, il bioetanolo si potrà produrre dalla cellulosa: legno, certo, ma anche paglia e scarti del mais. Materia che oggi si butta. A breve si scatenerà una rivoluzione: quelli che oggi sono rifiuti diventeranno materia prima per produrre carburante ed energia. Crescerà la produttività dell’industria e sarà necessario utilizzare meno terreno per produrre la materia prima. Ci sarà spazio sia per la produzione destinata al mercato alimentare che per quella destinata al mercato energetico».
Programmare il futuro. Ottimizzare le risorse e risparmiare territorio: la sfida passa di qui. Produrre energia da fonti rinnovabili che costi meno di quella da fonti tradizionali (ed oggi molto spesso non è così), ed utilizzare meno risorse naturali possible. Come fare? «Si tratta di far lavorare insieme agricoltura, industrria e ricerca universitaria e pubblica - risponde Radice Fossati -. Mobilitare tutto il territorio per arrivare ad una svolta che potrebbe mettere l’Oltrepo in una posizione di avanguardia».

1 commento:

Marco ha detto...

Buonasera,

ho del mais da vendere per delle ditte che producono Bioetanolo e dovrei compilare una scheda tecnica in merito al mais, ma non saprei da dove cominciare, mi può aiutare?

Grazie
Marco