giovedì 28 febbraio 2008

Patetico metropolitano

Riceviamo e (volentieri) pubblichiamo da Eddyburg.

In due desolanti articoli da la Repubblica e il manifesto ed. Milano, 26 febbraio 2008, la totale assenza di strategie per il territorio diverse dal solo arraffare, con postilla

La Repubblica

Le scelte urbanistiche imposte ai cittadini
di Luca Beltrami Gadola


Schizofrenia politica o atmosfera da campagna elettorale? L’assessore regionale al territorio, Davide Boni, vuol rendere edificabili i parchi e la ragione è presto detta: i Comuni interessati, soprattutto quelli della cintura milanese, vogliono poter costruire per incassare oneri di urbanizzazione ed i proprietari dei suoli, qualcuno molto influente, ovviamente premono. Chi difende il territorio alza le ultime disperate barricate. Questa pressione ad edificare dovrebbe trovare la prima giustificazione nella domanda del mercato: guardando in giro, però, i cartelli di "vendesi" ed "affittasi" ormai si sprecano. I prezzi sono ancora alti ma si capisce che stanno cedendo.
La domanda evidentemente non sembra importante. Certo chi cerca casa sa fare i conti: se abita fuori Milano, per venirci a lavorare spende cifre insostenibili in trasporto privato e con l’andazzo del prezzo della benzina la prospettiva è cupa. Quel che si risparmia sulla casa lo si spende nell’automobile. Del trasporto pubblico non parliamo più perché tanto non ci sono soldi e comunque raccogliere gli utenti disseminati nel territorio è impraticabile e costosissimo.
Da parte sua l’assessore milanese al territori, Masseroli, predispone un Piano di governo del territorio che ha come principale obbiettivo quello di far ritornare in città i pendolari e di trattenere i giovani o chi se ne vuole andare, ossia svuotare l’hinterland ed intercettare la domanda che si orienta verso i Comuni della cintura. Tutto il contrario di Boni. Chi vincerà questa assurda, inutile gara? Forse è per questo che Masseroli ha anche tanta fretta di varare la sua variante sull’area della Fiera ma sul percorso ci sono ancora molti ostacoli da superare.


L’associazione Residenti in Fiera, anche se meno radicale di quella Vivere meglio nella nostra zona, oltre al ricorso al Tar ha depositato in Comune fin dal maggio scorso 1800 firme chiedendo un’udienza pubblica per costringere l’amministrazione ad un vero confronto su temi precisi e ben noti: servizi, traffico ed impatto ambientale, senza trascurare alcuni aspetti tecnici tutt’altro che trascurabili come i danni ai fabbricati circostanti, i rumori e le polveri del cantiere. L’udienza pubblica ha ben altro rilievo di una conferenza, perché le osservazioni dei cittadini diventano atti del Comune e dunque hanno peso reale e formale. Vivere meglio, l’altra associazione, oltre ai ricorsi presentati vuol ora mostrare un progetto alternativo perché si discuta su un confronto e non su una sola ipotesi. Né l’una né l’altra associazione pare dunque si accontentino di una normale assemblea pubblica che rischierebbe di lasciare le cose come stanno.
Oggi però qualcuno dovrebbe anche dire ai cittadini come le scelte urbanistiche che si stanno per fare, qui ed altrove, non siano neutrali rispetto ai loro interessi immediati e futuri. Forse sarebbe opportuno avvertirli che tutte le irragionevoli diseconomie della città e del territorio saranno chiamati a pagarle loro e di tasca propria perché non c’è più spazio per ripianare coi soldi pubblici i nuovi costi delle società che gestiscono i servizi. La gestione del territorio non può e non deve diventare terreno di scontro politico tra diversi livelli istituzionali quando a pagarne le spese restano soli, impotenti, i cittadini.


il manifesto

Contro l’emendamento ammazzaparchi
di Mario Agostinelli e Simona Colzani


Dopo una breve pausa per le feste natalizie, il centrodestra lombardo ha riproposto con pochissime modifiche i cambiamenti già ritirati alla legge urbanistica, in particolare per quanto riguarda i residui spazi verdi regionali. E’ stato ripresentato “l’emendamento Boni” che consente, quando i sindaci decidano così, di ritagliare un pezzo di parco con procedura abbreviata, anche contro il volere dell’Ente parco. La proposta prevede che i Comuni possano individuare estensioni insediative all’interno del perimetro delle aree protette. Il tutto attraverso procedure semplificatissime, alla fine delle quali è proprio la Giunta regionale a siglare la “riuscita” dell’operazione. Come se l’ambiente naturale, inteso come sistema, finisse col cartello che segna i confini comunali. E’ pur vero che flora e fauna non votano, ma l’interruzione delle reti naturali, dei percorsi e dei sistemi di riproduzione cozzano con gli interessi edificatori ed economici delle singole amministrazioni e, allora, bisogna dar la priorità a questi ultimi! Eppure i Comuni sono i soci del Consorzio che gestisce il Parco, nominano i suoi amministratori, approvano il Piano Territoriale... Peraltro, l’Anci e i presidenti dei parchi si sono pronunciati duramente contro l’emendamento Boni. Quella della Regione risulta quindi solo una forzatura per eliminare livelli di partecipazione e consentire abusi territoriali su pressione di interessi che si vogliono tener nascosti.
Ai nostri giorni la martoriata Lombardia è messa sotto assedio anche nelle aree storicamente conquistate a un uso non speculativo: si pensi alle fasce naturali della valle del Ticino (Malpensa e infrastrutture), o al vasto arco di verde agricolo del Parco Sud Milano (Expo 2015) o al Parco Pineta di Tradate (mecca dei ritiri del calcio milanese). Quanto più sono grandi, tanto più la pianificazione territoriale dei parchi diventa complessa e si allontana dall’idea del progetto di un giardino o di un’oasi naturale, per quanto ampia. Bisogna equilibrare sia le esigenze delle grandi reti della vegetazione, delle acque, che quelle delle attività umane, e delle amministrazioni che gestiscono quei territori per abitare, coltivare, lavorare, far spesa, spostarsi. Altro che patti sottobanco tra giunta e sindaci disinvolti!


Ma tant’è: i nostri “padani” hanno fatto del territorio una bandiera vendibile, “bancabile” si direbbe coi neologismi tecnici di Formigoni.
Tra l’altro, lo scempio del provvedimento ”ammazzaparchi”, con un lifting di forma ma non di sostanza, è passato coi soli voti di maggioranza (Lega, An, Fi) in Commissione Ambiente prima della imminente discussione di una nuova legge sui parchi, per mettere i cittadini di fronte al fatto compiuto. In effetti sono anni che procede lo smantellamento del sistema delle aree protette in Lombardia da parte della maggioranza che governa la Regione. La prima spallata è stata data con le modifiche normative apportate alla legge regionale sui Parchi n°86 del 1983, durante la VI e VII Legislatura, con cui il parco è stato sdoppiato in due aree: la zona di “parco regionale” e la zona di “parco naturale” - laddove l’area realmente protetta è ridotta solamente al parco naturale, un nucleo interno al parco regionale e di estensione quasi sempre ridottissima.
Periodicamente, vengono concesse dalla Regione deroghe al regime di tutela: negli ultimi mesi si sono verificati casi di autorizzazione a realizzare cave, impianti, centrali elettriche all’interno dei parchi. Anche le risorse trasferite dalla Regione agli Enti Parco sono sempre più esigue. E come se ciò non bastasse, vengono distribuite discrezionalmente.


La recente delibera di giunta, dgr 5817 del 7 novembre 2007, prevede l’erogazione “straordinaria” di quasi 14 milioni di euro ai soli parchi amministrati dal centro destra – prevalentemente collocati nelle province di Bergamo e Varese. Il tutto in sfregio alle più elementari norme di rispetto e di etica istituzionale.
Alla fine di un percorso che ha assestato già duri colpi e ormai in campagna elettorale, la maggioranza regionale agisce “di sponda”, attraverso la legge urbanistica; forse pensava che così nessuno se ne accorgesse?
Ma sono state raccolte migliaia di firme illustri su documenti molto preoccupati e si annunciano manifestazioni nei comuni.
Non c’è più limite al peggio: non c’è “stile” - lo sapevamo - ma ora si va ben oltre. Non c’è più rispetto delle regole, delle competenze, degli iter, dei ruoli. Ogni logica istituzionale viene travisata e utilizzata per assecondare gli interessi forti che la Regione rappresenta.


postilla


Ci sono due complementari elementi di tristezza e desolazione, a definire democraticamente il panorama metropolitano milanese: quello della maggioranza e quello dell’opposizione (almeno quella istituzionale come si è vista sinora).
L’atteggiamento arraffatore, avido e confuso, del centrodestra legaiolo e forzo-ciellino, è ben riassunto dal breve bozzetto tragicomico della strana coppia Boni-Masseroli schizzato da Beltrami Gadola: nessuna strategia sul territorio, appunto, salvo favorire caso per caso o all’ammasso amici e amici degli amici. Fino a esaurimento delle risorse, o chissà, fino al risveglio di un’intelligenza collettiva che appare vistosa e vivace, ma chissà perché priva di una voce istituzionale adeguata. E qui si passa al problema opposizione.
Una opposizione ben riassunta dall’intervento Agostinelli-Colzani, nei toni e nella sostanza. Leggendo quell’articolo sul manifesto, stamattina, non riuscivo a smettere di chiedermi perché mai, sulla questione parchi, i partiti del centrosinistra e i loro rappresentanti continuino a presentarsi in questo ordine sparso, ognuno osservando questa o quella cosa, ognuno promettendo sfracelli che ovviamente, agendo da solo, rimarranno solo parole.
Il fatto poi che nell’articolo di Agostinelli-Colzani abbia ritrovato interi passaggi prelevati col copia-incolla (a partire dall’incipit, andiamo!) da Planophobia, che avevo firmato su questo sito insieme a Cristina Gibelli, non fa altro che confermare le perplessità. Come osserva il sindaco di Cassinetta di Lugagnano, che ha convocato una utile Assemblea sul tema, nel centrosinistra la confusione è grande, ma la situazione non è affatto eccellente (Fabrizio Bottini)

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